sabato 24 aprile 2010

Presidente da vendere.


Esce in questi giorni il libro "Presidente da vendere" di Jacques Séguéla. Edito e tradotto da Fausto Lupetti. Passato alla storia come l’autore della campagna La force tranquille che ha portato Francois Mitterrand all’Eliseo, Jacques Séguéla è l’uomo che ha messo in relazione la pubblicità con la politica guidando 20 campagne presidenziali e vincendone 19 non solo in Francia e in Europa ma anche all’Est e in America Latina, afferma: “Ne ho abbastanza dell’ipocrisia, sarò cinico. Non c’è differenza tra l’atto elettorale e l’atto di consumo. I politici rifiutano di ammetterlo, ma a loro non dispiace, sono loro che ci chiedono di aiutarli a dotarsi di questo “valore immaginario aggiunto” che caratterizza le marche… e anche i Presidenti. Il consumo è un sistema di vasi comunicanti. Una delle branche è il desiderio, l’altra la fiducia. Un prodotto non si acquista se non è in grado di offrirle entrambe. La regola è la stessa per un candidato”. “Una campagna – sostiene Séguéla – non la si vince, è l’avversario che la perde. Come definire meglio la vittoria di Sarkozy se non come disfatta di Ségolène? Stesso dicasi per la vittoria di Obama, che è stata prima di tutto la sconfitta di McCain. Il nostro ruolo è dunque di spingere all’errore quello che, dopo un po’, si finisce per chiamare semplicemente “l’Altro”. Bussola di questo viaggio e insegna del nuovo secolo, il concetto di “alter”: alter-comunicazione, come chiave della nuova lingua al potere; alter-politica, come modello di democrazia “in diretta”; e alter-società, come spinta a “cambiare vita”, cercando modelli diversi di convivenza, consumo, immaginazione.

domenica 11 aprile 2010

Ristorante de-pescizzato a Civitanova Marche.


La scorsa settimana, in occasione del 1° aprile, a Civiatanova Marche ed in alcune città limitrofe si sono svolte azioni di guerriglia marketing (comunicazione non convenzionale) ideate dal free lance Der Doctor Guerriglia.
Alcune ragazze “autorizzate al pesce d’aprile”, nelle zone di maggiore passaggio, attaccava sulle giacche dei passanti un adesivo che riproduceva la scritta “locanda de-pescizzata”, promuovendo la "Locanda del grigliatore", nella quale è rigorosamente vietato mangiare pesce, ma solo carne alla griglia. Ottime carni di qualsiasi tipo, dalla classica fiorentina a quella argentina cotte rigorosamente al sangue. La campagna pubblicitaria è stata un successo.

domenica 4 aprile 2010

I manifesti elettorali.


Scritto da Marina Ripoli
I manifesti politici rischiano ormai di essere banali e poco coinvolgenti. Non è il caso dei manifesti del candidato alle elezioni regionali pugliesi, che considerata la forza del brand image Nichi Vendola, avrebbe potuto evitare un ulteriore sforzo comunicativo per questa sfida elettorale. Infatti, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, quanto più forte è il “prodotto”, e quindi la sua notorietà, tanto maggiore deve essere lo sforzo pubblicitario per mantenere il posizionamento e costruire nuovo valore. Non è semplice creare ogni volta, ad ogni campagna, l’ennesima “variazione sul tema”, cioè una nuova occorrenza del brand Vendola. L’attuale campagna risulta molto interessante perché mette in gioco una curiosa dicotomia tra un livello di lettura apparentemente immediato e un livello testuale più complesso. Ciò che si percepisce subito è la parte iconica del manifesto. “Diversamente” dai tradizionali manifesti, non ci sono foto, né ritratti del candidato, ma semplicissime icone in alto a sinistra e sullo sfondo in trasparenza. Le icone (dal greco eikón “immagine”), secondo la terminologia semiotica, sono segni motivati analogicamente/intenzionali, ossia basati sulla similarità di forma o struttura e sulla riproduzione delle proprietà dell’oggetto designato. Le icone dei manifesti, però, diventano un interpretante simbolico degli ambiti d’intervento dell’Amministrazione Vendola negli ultimi 5 anni (sole=energia; lampadina=giovani talenti). Abbiamo già detto che le icone sono poste in alto a sinistra nello spazio del manifesto. Ciò significa che secondo la legge della percezione l’osservatore vede prima l’icona e, successivamente, completa la lettura del messaggio spostando lo sguardo verso destra e verso il basso. Ciò implica che la funzione simbolica svolta dalle icone viene chiarita attraverso la headline poetica e completata con il body copy informativo (es. -20% perdite). I tre elementi raggiungono la loro sintesi nel nome Vendola e nello slogan “La poesia è nei fatti”. Il percorso percettivo si conclude con la messa a fuoco dello sfondo a tinta unita tappezzato dalle iconcine progettate per la campagna. I colori sono freschi, solari, le forme arrotondate, dolci. Il noto modello della comunicazione di Jakobson illustra la funzione poetica come la valorizzazione delle risorse linguistiche utilizzate per potenziare il significato di un messaggio. In altri termini anche uno slogan pubblicitario svolge una funzione “poetica”, se per questo intendiamo l’atto di attribuire un valore connotativo ad un discorso puramente funzionale. E qui la connotazione la fa da padrone: i versi ottonari delle filastrocche, le rime baciate e/o alternate, assonanze e consonanze, serio e faceto. Un messaggio articolato dunque, eppure dall’impatto semplice e immediato. “Vendola in questi 5 anni si è occupato della Puglia, ne ha avuto cura, ci ha messo il cuore e ha risposto alle istanze della regione con i Fatti…altro che poeta!?!”… L’elettore non percepisce in maniera invasiva questi manifesti, li accoglie con un sorriso ed allo stesso tempo incamera le informazioni necessarie per prepararsi al voto. Complimenti agli ideatori della campagna, che con astuzia hanno saputo giocare sul candidate concept e soprattutto su ciò che si dice contro il candidato. Trasformare le minacce in opportunità è l’asso nella manica di una strategia vincente.

Oggi, produrre e creare sono la stessa cosa.


La filosofa Judith Revel, nel suo libro "La potenza creativa della politica, la potenza politica della creazione", in modo estremamente chiaro pone, tra gli altri, il problema del rapporto tra creazione, produzione e riproduzione. Il terreno comune va trovato, per l’autrice, nella sperimentazione, intendendo sia l’arte che la politica come campi di sperimentazione. Se, storicamente, questi tre campi vengono definiti come eterogenei, bisogna registrare il superamento di tale separatezza tra creazione artistica, produzione economica e generazione e nello stesso tempo assumere la consapevolezza che, quando parliamo di riproduzione, stiamo parlando non solo della mera sfera biologica, ma di creazione dell'essere. Tenendo presente che nulla accade fuori dalla storia, Revel individua tale mutazione nel passaggio da un’economia dei beni materiali ad un’economia cognitiva, dove “cognitivo” identifica per l’appunto la nuova natura del lavoro, delle fonti di valorizzazione. Difatti “non si tratta di affermare che l’arte è stata definitivamente assorbita dal mercato e svuotata delle sue specificità. Bisogna, invece, capire che, oggi, produrre e creare sono la stessa cosa” (p. 49). Di questo il marketing deve tenerne conto.