domenica 27 settembre 2009

I video virali vengono premiati.

Vanksen lancia il secondo Viral Film Festival, un evento colorito organizzato in collaborazione con il suo partner Frenchies Party. Da ora e fino al 23 ottobre, creatori di video virali professionisti e non possono inviare i loro video. Partecipa e non perdere il festival il 26 novembre 2009!

Caratteristiche di un'azione virale di successo.

Il professor Jeffrey F. Rayport, docente della Harvard Business School, nel suo articolo, pubblicato nel 1996 per Fast Company "The Virus of Marketing" uso' per la prima volta questo termine. Egli individuò sei caratteristiche fondamentali che una concreta azione di marketing
virale doveva possedere per avere successo:
1) Il modo migliore per entrare nel mercato è camuffarsi (“stealth marketing”) utilizzando contenuti "smart” per nascondere un messaggio pubblicitario;
2) Il messaggio virale deve essere fruito gratuitamente;
) Bisogna lasciare che sia la comunità e il suo comportamento a causare la diffusione del messaggio;
4) Bisogna apparire come un portatore del virus non come il virus stesso;
5) Sfruttare la forza di più legami deboli che sarà maggiore di quella di pochi legami forti;
6) Calcolare gli investimenti nel lungo periodo fino a quando il messaggio raggiungerà il punto di rottura trasformandosi in un’epidemia.

domenica 20 settembre 2009

Marketing e comunicazione politica.

Per marketing politico si intende l'attività di comunicazione svolta consapevolmente dai soggetti che competono nel campo politico per raggiungere i propri obiettivi strategici e, in generale, per accrescere la propria influenza. L'estensione del consenso, misurato attraverso il voto o i sondaggi di opinione, rappresenta il principale obiettivo di questa attività, che ha quindi un'intima natura persuasiva. "L'ascesa dei consulenti politici" in Italia vede per ora in prima fila i sondaggisti, i pollster, piuttosto che gli strategist o i media trainer. I comunicatori, pubblicitari in testa, sembrano fuori gioco proprio per la par condicio che impedisce, di fatto, l'uso degli spot televisivi. Il processo tuttavia sembra definitivamente avviato: l'intera cultura e soprattutto la prassi politica è chiamata a fare i conti con la cultura del marketing. La competizione si sposta quindi anche al campo consulenziale. Scegliere un consulente significherà, sempre più, per un candidato o un dirigente politico, compiere una prima scelta di indirizzo professionale e culturale. Come avviene già da molti anni nel mondo delle aziende. Ma, proprio quando emerge lo stretto rapporto tra il campo della politica e quello della consulenza, è bene ribadire la necessità di distinguere ruoli, responsabilità, competenze. L'idea che tutto dipenda dalla comunicazione o, peggio ancora, dagli spin doctor, non solo non aiuta, ma complica le cose. La necessità di sviluppare una comunicazione efficace è reale e urgente, e richiede specializzazione e professionalizzazione. Ma la specializzazione, il riconoscimento delle diverse competenze, implica prima di tutto delimitazione degli ambiti e rispetto dei confini: un buon sondaggista non è detto che sia un buon stratega della comunicazione, come un buon comunicatore non è necessariamente in grado di impostare e realizzare survey o focus group. Così un bravo giornalista non è necessariamente un bravo comunicatore, a volte, nemmeno un buon capo ufficio stampa. Ma, soprattutto, bisogna saper riconoscere l'ambito specifico del politico, esaltare il suo ruolo di detentore della responsabilità di scegliere, senza sostituirsi a lui ma senza cedere nei suoi confronti e rinunciare alla critica.Se la qualità del politico è scarsa, se la proposta politica è debole, non sarà certo il packaging a modificarla potrà al massimo contribuire ad abbellirla per un po', ma imbroglio e imbrogliati sono grandezze legate da un rapporto inversamente proporzionale.
Alimentare la credenza che tutto dipenda dalla comunicazione o dalla campagna elettorale è una riduzione di complessità che non aiuta a comprendere come ragiona l'elettore. La politica ha bisogno di comunicazione professionalizzata ma, in primo luogo, ha bisogno di considerare realisticamente i possibili effetti della comunicazione che sono importanti ma non tali da sostituirsi alla politica stessa.

Le feste di partito al tempo della comunicazione digitalizzata.

Quelle appena concluse, sia a livello nazionale che locale, da destra a sinistra, evidenziano tutte che il format è giunto al capolinea. Sull'argomento è opportuno riflettere.
Le feste popolari dei partiti di massa erano la sintesi del rapporto tra politica e società. La festa era comunicazione, metteva in contatto, costruiva relazioni. La festa era anche una dimostrazione di forza, di dedizione, di spirito di servizio. La festa, soprattutto quella del Pci, era anche un cavallo di Troia, diminuiva le distanze, penetrava nelle roccaforti dei pregiudizi ideologici: i comunisti mangiavano panini e non bambini! Offriva momenti "unici": mostre di pittura, esperienze di avanguardia, dibattiti; dava voce a coloro che erano fuori dall'establishment e organizzava i primi grandi raduni musicali. È significativo che proprio mentre si inaridisce l'esperienza delle feste politiche sbocci la stagione di quelle "culturali": queste raccolgono un'esigenza comunque diffusa che la politica non sa più cogliere. Così le feste politiche al pari delle forme partitiche hanno vissuto l'inesorabile processo di secolarizzazione della società strettamente connesso alla mediatizzazione della sfera pubblica: personalizzazione, leaderizzazione, spettacolarizzazione. La festa politica è ormai un prodotto obsoleto, e da strumento di apertura si è trasformato in strumento autoreferenziale, da investimento comunicativo in costo organizzativo. Le feste politiche sono la metafora più efficace del difficile rapporto che intercorre tra azione politica e società, quello che chiamiamo rapporto con il territorio o radicamento.
La questione all'ordine del giorno è: come si organizza nella società mediatizzata la presenza di una libera associazione di donne e uomini che vogliono interessarsi di politica, quali forme dovrà assumere nel tempo della comunicazione digitalizzata (tv ma anche internet) la risposta a quella domanda di relazioni umane ravvicinate che appare crescere (e non decrescere) all'aumentare dell'intensità tecnologica? Insomma, che senso ha aderire e far vivere un'associazione politica che non si riduce solo a comitato elettorale? Le difficoltà della politica italiana in generale sono soprattutto culturali, legate alla comprensione dei cambiamenti avvenuti nella nostra società. Quali sono le ragioni di fondo dei cambiamenti che abbiamo vissuto? Quanto di queste ragioni dipende dai limiti degli altri e quanto dai nostri? E quanto dai limiti complessivi del nostro paese? Non tutto può essere ricondotto a Berlusconi, anzi egli appare spesso il frutto, non la causa, dei cambiamenti. Non sembri ingiusto verso i tanti che ci hanno dedicato tempo e i tantissimi che le hanno frequentate ma il format delle feste che abbiamo vissuto è superato, è inefficace. È parte di una cultura politica in estinzione. Da "partiti nuovi" come PdL e PD ci si aspetta una risposta "straordinaria" su come, nella società odierna, si debba vivere , agire, esistere.

sabato 19 settembre 2009

Cultural Jamming.

Sabotatori culturali è la traduzione. Sono artisti, scrittori, che utilizzano il linguaggio dell'arte per parodiare e deturpare i cartelloni pubblicitari ed altro. Il loro sito internet: AdBusters. Sono agitatori che utilizzano il linguaggio della controinformazione: tutti hanno il diritto di comunicare. Questo è il loro modo di comunicare la loro contrarietà a messaggi pubblicitari che non hanno mai chiesto di vedere ma che le multinazionali ci hanno imposto di farlo.
Nella foto è riportata un'azione dei cultural jamming a Parigi. Sul manifesto pubblicitario viene apposto il simbolo X che in internet indica di "chiudere la pagina". Un modo intelligente per ribellarsi ai manifesti pubblicitari che hanno letteralmente invaso la nostra vita e che noi non abbiamo chiesto di vedere.
Il Guerrilla Marketing prende spunto dagli strumenti utilizzati dai Cultural Jamming.

lunedì 7 settembre 2009

Il futuro del marketing passa per i blog.

Il Vice Presidente del Marketing Strategy Team di LG, Kwan Sup(KS) LEE, è fermamente convinto che internet in un futuro non troppo remoto sarà il principale media. Questa riflessione estrema si spiega probabilmente con la particolarità della situazione coreana. La blogosfera coreana, infatti, è fra le più attive e sviluppate al mondo e a dire di Mr. Lee gran parte delle comuncazioni fra aziende e privati avvengono attraverso i blog.
Kwan Sup(KS) LEE ha affermato che i marketers dovrebbero muoversi a modificare le loro strategie di comunicazione che ancora non sono sufficientemente integrate con la rete. I consumatori sono sempre più esigenti, vogliono poter rilasciare feedback pubblici sui prodotti, riceverne dalle case produttrici, avere un contatto diretto con le aziende senza dover passare per quella sorta di burocrazia dei privati alla quale siamo tutti stati abituati.
La differenza principale secondo Lee sta nella relazione che si viene a creare fra aziende e blogger. Un mezzo di comunicazione che permette agli utenti di interagire fra loro in un dato contesto prevede una totale lealtà da parte dei blogger con i propri lettori, il che consegue in un’indipendenza dei blogger dalle case produttrici. I blog LG non potranno mai essere obiettivi, ha dichiarato Mr. Lee, anche se le persone che ci lavorano sono accuratamente selezionate il meccanismo spontaneo di sudditanza che si instaura fra il datore di lavoro, in questo caso LG, e i dipendenti inficia inevitabilmente il risultato finale.
Mr. Lee chiama la sua posizione nei confronti del mondo del blogging Feedback Philosophy. Gli indici di gradimento di un prodotto non possono essere legati all’attività dei sondaggisti, ma devono arrivare direttamente dai clienti ai produttori senza mediazione. Una compagnia che stimoli numerose discussioni sui propri prodotti è una compagnia che riceve numerosi feedback e che di conseguenza può aggiustare il tiro, affinando le proprie strategie ed identificando i caratteri specifici del proprio target di riferimento.
Per evitare il meccanismo della gratitudine le aziende dovrebbero stabilire delle sponsorship non vincolanti con blog indipendenti, finanziando l’attività di questi ultimi dato che non si vive di sola comunicazione. ll finanziamento non deve essere legato ad un atteggiamento accomodante da parte dei blogger nei confronti delle aziende sponsor, ma viceversa in una totale sincerità nel valutare i prodotti sottoposti alla loro attenzione, sincerità senza la quale tutta la Feedback Philosophy viene a cadere.
Il Vice Presidente del Marketing Strategy Team ha affermato che l’IFA Blogger Forum di Berlino (edizione 2009) è solo un inizio di una strategia che LG Electronics ha intenzione di portare avanti nei prossimi anni; investendo di più sulla blogosfera e intensificando concretamente la sua presenza sui più popolari social network, primo fra tutti Facebook. Le strategie di comunicazione sul web di LG saranno all’insegna del GLocal, così da poter ottimizzare i proventi della feedback philosophy contestualizzando le attività di comunicazione sulla cultura alla quale sono dirette.
L’attenzione nei confronti dei Super Blogger ovviamente ha anche un rientro immediato per la LG Electronics dal punto di vista delle attività di Search Engine Optimization. Che se ne parli bene, che se ne parli male, purché se ne parli come un noto politico italiano amava ricordare; lo stesso vale per le campagne di indicizzazione sul web. Il lancio della Boardless TV è prossimo, anche se non sono state fornite date precise è pacifico che la campagna inizi con degno anticipo ed il Blogger Forum sarà certamente un’importante contributo a ciò.
L’attenzione che i grandi marchi stanno rivolgendo alle community, la Feedback Philosophy, per dirla con Mr. Lee, potrebbe avere conseguenze significative non soltanto sugli uffici Marketing di queste, ma in tutta la filiera amministrativa e produttiva, così come già la ha avuta per aziende quali Dell, Apple, Google etc.

domenica 6 settembre 2009

Facebook e la nuova politica italiana.

Il web vetrina si emancipa nei nuovi strumenti di condivisione, in cui la ‘sostanza e la relazione’ diventano protagonisti incontrastati. Facebook è la punta di diamante della presenza della politica in rete e, anche se i linguaggi lasciano spesso a desiderare, il fatto si può dire ormai consolidato. Ma il percorso per riconquistare la fiducia degli elettori quale driver di un cambiamento ormai irrinunciabile, è ancora lungo e contraddistinto talvolta da ambiguità. Il web 2.0 ha un effetto destabilizzante/innovativo in primis su chi lo usa, sovvertendo spesso filiere decisionali cristallizzate. Ma la realtà di una classe politica da sempre bollata come giurassica, sembra, in questo caso, dare sintomi di veloce convalescenza: quasi che il mondo aziendale, in questi giorni di crisi, si trovi ad essere in una fase di frenata mentre la classe politica manifesta un forte desiderio di conoscenza e apprendimento riguardo le nuove piattaforme di condivisione. L’effetto Obama sta facendo la differenza. Ma come è il mondo User Generated Politics italiano? Chi resiste alla prova ‘trasparenza’ vivendola come opportunità?
Ma davvero i politici utilizzano Facebook e blog per dialogare con la gente? Cosa sta veramente accadendo?
L’impressione è che nuovi profili si affaccino sullo scenario politico e, in un’ottica di ricambio e rigenerazione, stiano mettendo in campo energie e idee sinora lasciate a sopire… La tornata elettorale di giugno è sembrato essere un ottimo banco di prova per il web 2.0 italiano coniugato con la politica. Ecco tre esempi a loro modo significativi.
Tre modi di essere 2.0
Saturnino Di Ruscio, candidato Pdl alla presidenza della provincia di Fermo per le elezioni 2009, è certamente un politico navigato: dopo aver impostato una campagna elettorale dal sapore classico, ora, per la corsa finale, si è concentrato sulla comunicazione web multilevel. Grazie ad una accorta miscellanea tra i social network e la tradizionale affissione, sta raggiungendo tutte le fasce ponendo gli eventi come motore centrale della relazione con l’utente.
Sull’altro versante Matteo Renzi. Ha vinto le primarie di febbraio puntando sulla comunicazione politica 2.0: facebook, flickr, skype, youtube, mobile marketing e web tv. Ha deciso di svecchiare la politica a suo modo, prendendone le distanze, ed ha intuito che il dialogo on line può far maturare velocemente la relazione tra cittadini e candidati in una nuova dimensione. Oltre ad essere stato citato dal settimanale Time come l’Obama della Sinistra italiana ama usare Facebook come strumento previligiato di comunicazione sostituendolo al classico comunicato stampa. Con i suoi 34 anni rappresenta certamente la punta più avanzata della ‘politica condivisa nel nostro paese.
Claudia Porchietto di Torino nella campagna elettorale ha coniugato la presenza sul territorio – incontri nei mercati e davanti alle fabbriche – con l’assidua presenza sulle piattaforme web 2.0. Ha iniziato in salita con una presentazione stampa gestita in contemporanea su una piattaforma Web Conference per poi portare comunque, con un atteggiamento spigliato e sul filo dell’irriverenza verso i rituali della politica tradizionale, un programma votato al ‘fare condiviso’ che, certamente, al di là della sua reale volontà, rappresenta un fatto nuovo nel nostro paese da sempre incline ad una ossequiosa anti-modernità. La sua rete on line: doppia presenza su Facebook, un ning personale, un blog e una costante strategia di relazione one to one digitale con la raccolta di numerosi feed back tanto da prevedere l’edizione di un e-book che raccoglierà le prime testimonianze 2.0 dell’Italia che cambia (speriamo).